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Cosa prevede la legge sul lavoro agile?

Il testo unificato per la disciplina del lavoro agile, o smart working, è all’esame della Commissione Lavoro alla Camera dei deputati. Il provvedimento interviene introducendo misure volte alla promozione di tale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa – anche con la previsione di agevolazioni tributarie e contributive – e modificando la disciplina attualmente vigente (dettata dalla Legge 81/2017) per adattarla ai cambiamenti dettati dalla pandemia.

Ecco, per punti, cosa prevede il testo

1) il provvedimento disciplina il lavoro agile come modalità di esecuzione della prestazione lavorativa nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, effettuata su base volontaria, con forme di organizzazione per fasi e cicli e con l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa da remoto. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale disciplinano: 

 a) la responsabilità del datore di lavoro e del lavoratore per quanto attiene alla sicurezza e al buon funzionamento degli strumenti tecnologici; avranno diritto alla priorità per l’accoglimento della richiesta di lavorare in smart working i seguenti soggetti: dalle lavoratrici e dai lavoratori nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità e di paternità; dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità; dai lavoratori aventi diritto alla cosiddetta “legge 104”; dai lavoratori che svolgono funzione di caregiver familiare;

b) l’equiparazione del lavoratore che svolge la propria attività lavorativa in modalità agile con il personale operante in presenza ai fini del trattamento economico e normativo, del diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro, nonché dello sviluppo delle opportunità di carriera e crescita retributiva, del diritto alla formazione a all’apprendimento permanente e alla periodica certificazione delle relative competenze;

c) il diritto a usufruire delle ferie e dei permessi, con le modalità previste dalla legge e dai contratti collettivi;

d) il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche, dalle piattaforme informatiche e da qualsiasi strumento e/o applicativo di comunicazione.

Il datore di lavoro, per poter accedere a misure di sostegno, promozione ed incentivazione, e ad ogni altra iniziativa in favore del lavoro in modalità agile dovrà applicare trattamenti non inferiori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché il rispetto dei diritti e delle garanzie. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche qualora la prestazione lavorativa sia resa in modalità agile.

2) il provvedimento prevede che l’accordo relativo alla modalità di lavoro agile sia stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova come un regolare contratto di lavoro. L’accordo può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a 30 giorni. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato. La mancata promozione delle procedure per la stipulazione degli accordi costituisce condotta antisindacale.

3) il lavoratore, sia in modalità ordinaria, sia in modalità agile, è sempre titolare del diritto soggettivo alla disconnessione da intendersi come il diritto di estraniarsi dallo spazio digitale e di interromperne la connessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in proprio possesso, senza che questo possa comportare effetti negativi di natura disciplinare o decurtazioni retributive. Il diritto di disconnessione è sempre opponibile al datore di lavoro durante il periodo di riposo.

4) il provvedimento inoltre istituisce un apposito Fondo e vengono istituiti: corsi di formazione e aggiornamento di livello operativo presso gli istituti secondari di secondo grado e gli istituti professionali; corsi di aggiornamento sull’innovazione tecnologica, presso enti e istituzioni di formazione.

5) alle imprese che effettuano, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, investimenti in strumenti informatici di ultima generazione, destinati ad agevolare le attività in modalità agile, viene riconosciuto un credito d’imposta nel limite di spesa di 30 milioni di euro per il triennio 2022-2024. Inoltre, al fine di promuovere il lavoro agile, dal 1 gennaio 2022, per i rapporti di lavoro eseguiti in modalità agile ai sensi dell’articolo 1, si applica la riduzione pari all’1% dei premi assicurativi a carico del datore di lavoro, dovuti all’INAIL.

6) il provvedimento istituisce il Fondo per la promozione del lavoro agile con una dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022;

7)  il Ministero del lavoro e delle politiche sociali raccoglierà le buone prassi realizzate nell’ambito dell’attivazione del lavoro in modalità agile e ne diffonderà la conoscenza attraverso il proprio sito internet istituzionale. Mentre i datori di lavoro possono usufruire della consulenza di uno degli Innovation Manager iscritti all’Albo degli esperti in innovazione tecnologica istituito presso il Ministero dello sviluppo economico.

Per l’approfondimento del provvedimento: https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/LA0238.Pdf

Lavoro Agile: qual è la situazione?

Prima della pandemia, i lavoratori italiani in smart working rappresentavano solo il 7% dei lavoratori, contro una media Europa del 17%. Durante le diverse fasi di lockdown, e in particolare la prima, ben 9 milioni di lavoratori hanno lavorato da remoto (dati INAPP).

A marzo 2021, un anno dopo il primo lockdown, l’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano ha stimato che siano stati 5,37 milioni gli smart worker italiani, di cui 1,95 milioni nelle grandi imprese, 830mila nelle PMI, 1,15 milioni nelle microimprese e 1,44 milioni nella pubblica amministrazione.

Chiaramente poi il numero ha iniziato progressivamente a diminuire fino a 4,71 milioni anche se lo smart Dworkin continua ad essere molto diffuso, con una media rispettivamente di 3 o 4 giorni a settimana.

Fra le grandi imprese che hanno definito o stanno definendo un progetto di smart working, il 40% afferma che il progetto non era presente prima dell’emergenza e che è stata la pandemia l’occasione per introdurlo, l’85% fra le Pubbliche Amministrazioni.

Quello che sorprende è l’impatto sulle prestazioni: lo smart working ha migliorato la vita e gli equilibri dei lavoratori, che a loro volta hanno migliorato le loro prestazioni. Questo vale per il 59% delle grandi imprese e il 30% delle Pubbliche Amministrazioni contro rispettivamente il 5% e il 16% che dichiarano un peggioramento. Più incerto e controverso l’impatto su tali prestazioni nelle PMI.

I benefici e le opportunità che derivano dallo smart working riguardano non solo le organizzazioni e i lavoratori, ma anche una maggiore sostenibilità sociale e ambientale. Secondo le grandi imprese, la sua applicazione su larga scala favorisce l’inclusione delle persone che vivono lontano dalla sede di lavoro (81%), dei genitori (79%) e di chi si prende cura di anziani e disabili (63%).

E’ forse scontato affermare che lavorare da casa consente anche di risparmiare tempo e risorse: parliamo di 123 ore l’anno e 1.450 euro in meno per ogni lavoratore che usa l’automobile per recarsi in ufficio, con una riduzione di emissioni per circa 1,8 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, pari all’anidride carbonica che potrebbero assorbire 51 milioni di alberi.

Migliora anche la fiducia e la capacità do delegare dei manager nei confronti dei propri collaboratori, e la loro autonomia.

Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio PA, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, lo smart working è considerato un’opportunità per un’amministrazione efficiente e moderna dal 49% degli italiani e un rischio solo da uno su tre. Otto italiani su 10 considerano fondamentali gli investimenti nelle infrastrutture di rete per innovare il Paese; l’86% afferma che il governo dovrebbe investire nella formazione digitale dei dipendenti pubblici.