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Come si fa a vivere con 3 – 4 euro l’ora?

I dati dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dimostrano come l’Italia sia l’unico Paese in Europa in cui negli ultimi 30 anni c’è stata una riduzione del 3% dei salari.

In tutti gli altri paesi, compresa la Grecia, è stato registrato un incremento medio dei salari del 30%. In Italia invece il trend è piuttosto grave: gli stipendi si stanno riducendo mentre il costo della vita sta aumentando.

Per questo abbiamo presentato una proposta di legge sul Salario Minimo che preveda l’introduzione di una soglia minima di 9 euro lordi l’ora, che consideriamo il limite al di sotto del quale non si debba scendere. D’altronde questa è la stessa soglia dalla quale sono partiti paesi come la Germania e la Spagna dove, una volta riscontrati i benefici di questa misura, sono stati aumentati a 12 euro (Leggi qui).

Spesso sentiamo o leggiamo di imprenditori, titolari di ristoranti e hotel che si lamentano della mancanza di persone disposte a lavorare per la stagione estiva. Ma è chiaro che la colpa non può essere imputata solo al Reddito di Cittadinanza, percepito per lo più da soggetti inoccupabili o che hanno già un lavoro il cui stipendio però si colloca al di sotto della soglia di povertà.

Il punto è questo: i giovani studiano, hanno un livello di istruzione più alto rispetto al passato e non sono più disposti ad accettare di lavorare con paghe da fame per 10 o 12 ore al giorno, magari senza nemmeno giorno di riposo. Chi mai deciderebbe di accettare di arrivare a casa la sera, stanco dopo una giornata di lavoro, e non avere comunque di che sopravvivere? 

Dobbiamo intervenire subito per dare ai lavoratori quello che la nostra Costituzione garantisce: un’esistenza libera e dignitosa per sé e per la propria famiglia. Non possiamo rinviare la questione alla prossima legislatura. 

Accolgo con grande piacere, quindi, la notizia che l’Europa sia vicina all’individuazione di un accordo politico sulla direttiva per il salario minimo.

Il round decisivo di negoziati tra le istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio Ue) prenderà il via oggi, lunedì 6 giugno, a Strasburgo, a margine della plenaria del Parlamento europeo. Le probabilità di arrivare a un accordo nella notte tra oggi e domani, a quanto si apprende, sono molto alte. La direttiva, proposta dalla Commissione europea nel 2020, punta a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei 27 e a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva. 

E in tutto ciò, voglio spendere due parole per le parole del Ministro Brunetta: “Il Salario Minimo non appartiene alla nostra cultura di relazioni industriali”. Mi chiedo proprio quale sia la cultura di cui parla. Magari quella di pagare i lavoratori qualche spicciolo l’ora? Quella di mantenere le persone in uno stato di povertà? Perché, caro Brunetta, questo cultura evidentemente appartiene solo al nostro Paese, non di certo alle principali nazioni europee. Forse, se c’è un problema di cultura, è il suo.

E infine mi rivolgo alle altre forze politiche della maggioranza: qual è il senso di proporre emendamenti che vanno a rivedere se non addirittura a togliere la soglia minima del salario?

Che Paese strano il nostro. Chiaramente per noi questo è inaccettabile e continueremo a batterci finché non raggiungeremo anche questo obiettivo.

Il Salario Minimo

Il Movimento 5 Stelle sta lottando dal 2013 per l’introduzione in Italia del salario minimo.

All’inizio della XVIII Legislatura, la senatrice Nunzia Catalfo ha presentato un disegno di legge sul tema (A.S. 658), a cui ne è seguito un altro, aggiornato, depositato ad aprile 2021 (A.S. 2187). Secondo questa proposta, per essere “sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato”, come prevede l’articolo 36 della Costituzione, la retribuzione non può essere inferiore a quella prevista dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore di riferimento e stipulato “dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Questa precisazione è dovuta al fatto che esistono circa mille contratti depositati al Cnel di cui il 37,5% sono firmati da associazioni fittizie.

Noi crediamo che la retribuzione minima di un lavoratore non possa scendere sotto i 9 euro lordi all’ora, cifra a cui, secondo l’Inps, non arrivano 4,5 milioni di lavoratori. Per andare incontro ai datori di lavoro a far fronte all’aumento dei costi, la nostra proposta prevede la detassazione degli incrementi retributivi dei contratti collettivi nazionali di lavoro per almeno un triennio.

“Il salario minimo aumenterebbe la disoccupazione e il lavoro nero”. Mai più grande sciocchezza è stata detta. Eppure i detrattori del salario minimo non fanno altro che criticare in questo senso la misura. Ma i fatti, gli studi, dicono altro.

Di recente, l’Università di Harvard ha evidenziato che in Germania, grazie a questo provvedimento, sono stati messi fuori mercato gli impieghi pagati meno di 8,5 euro l’ora (la soglia stabilita nel gennaio 2015, poi aumentata a 9,19 quattro anni dopo e che ora il governo di Olaf Scholz ha portato a 12 euro) e sono cresciuti sia il Pil sia il numero di occupati. 

Intervistato da Presa Diretta (Rai3), Florian Moritz della Deutscher Gewerkschaftsbund, la maggiore confederazione sindacale della Germania, ha affermato: “Con l’introduzione del salario minimo a 8,50 euro abbiamo visto che per molte persone lo stipendio è aumentato del 20%: questo significa che avevamo davvero un problema enorme, soprattutto nell’ex Germania dell’Est e in certi comparti produttivi”.

In tale contesto, non vanno dimenticati gli studi empirici di David Card, professore di Economia del lavoro all’università di Berkley e vincitore del Premio Nobel per l’Economia 2021. Nel 1995, Card studiò per la prima volta l’effetto del salario minimo sugli impatti occupazionali, dimostrando che l’introduzione del salario minimo non aveva un effetto negativo sull’occupazione.  

Ad oggi, come ho avuto modo di dire più volte  (Leggi qui), l’Italia è uno dei pochi paesi Ue a essere sprovvisti di una normativa sul salario minimo, insieme a Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro. Il 22 febbraio 2022, in Spagna, il governo ha approvato l’aumento da 965 a 1.000 euro lordi mensili che avrà effetto retroattivo dal 1° gennaio; il giorno dopo, in Germania, l’esecutivo ha dato il via libera all’innalzamento del salario minimo a 12 euro l’ora a partire da ottobre 2022. 

Come testimoniato dal rapporto Eurostat In-work poverty in the EU (marzo 2018), oggi nel nostro Paese l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali contro una media Ue del 9,6%. A ciò si aggiungono i dati sulle prospettive di vita: per il Censis, 5,7 milioni di giovani precari, neet e working poor rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà.

Con il salario minimo proteggiamo le categorie più a rischio di emarginazione e sfruttamento, prime fra tutte giovani e donne.

Dovrebbe essere contro ogni sentimento umano pagare un salario che non permette al lavoratore di condurre una vita dignitosa e ha il fondamentale ruolo di far aumentare le entrate dei lavoratori con i redditi più bassi: un aumento del loro reddito si tramuterebbe quasi totalmente in consumi e non in risparmi. Ciò porterebbe ad un aumento della domanda aggregata e ad un effetto benefico per l’intera economia. Inoltre, con una politica industriale pubblica orientata al raggiungimento di obiettivi di medio/lungo periodo si arriverebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Il Salario Minimo: l’inchiesta di Presa Diretta

Di Salario Minimo si è parlato sabato nel programma Rai Presa Diretta. Un’interessante inchiesta ha messo in luce da un lato il triste record negativo dell’Italia in fatto di occupazione e di salari e, dall’altro, il successo che sta avendo questa misura in Germania. E’ stata introdotta sei anni fa con una base di 8 euro e quest’anno il nuovo Cancelliere l’ha addirittura elevata a 12 euro.

Ma vediamo più nello specifico i risultati dimostrati dal programma Rai.

Il reportage è iniziato con una premessa: secondo un’analisi di Mediobanca del 2021, ad un dipendente servirebbero

36 anni per guadagnare quanto guadagna un top manager in un anno.

Dopo la pandemia l’occupazione è senz’altro tornata a crescere: baristi, cameriere, commesse. Ovunque si cerca personale. Ma il dato negativo è che a trainare questo trend positivo solo in apparenza sarebbero proprio i contratti a termine, ovvero quelli precari, che incidono per il 60%. Ma ciò che colpisce ancor di più sono i salari offerti.

Quando va bene, si parla di una media di 5€ all’ora, ma si arriva anche a 3,50€. 

Secondo i dati Istat riportati dalla trasmissione, in Italia oltre 5 mln di lavoratori guadagna meno di 10mila euro all’anno, ovvero uno stipendio medio di 830 euro al mese.

A favorire questo sistema è il Jobs Act del governo Renzi.

Come dimostra il grafico qui sotto, in quasi tutti i paesi europei i salari sono aumentati, compresi quelli della Grecia che nel 2008 era andata in default. L’unico Paese in cui ciò non è avvenuto è l’Italia. 

Ma chi sono i lavoratori italiani che prendono una stipendio da fame?

Senz’altro commesse e baristi, ma anche i lavoratori del patrimonio culturale italiano che spesso hanno anche un alto livello di istruzione; operatori socio sanitari; giornalisti; lavoratori stagionali; baby sitter; architetti; ingegneri. 

Secondo il ricercatore Michele Bavaro

un terzo dei lavoratori italiani sono da considerare poveri. Il lavoratore povero tipico è la donna, il lavoratore del sud e il giovane. 

E poi viene riportato l’esempio virtuoso della Germania, uno dei 21 Stati su 27 dell’UE in cui il salario minimo è legge. Lo è precisamente da 6 anni ed ha evidentemente apportato benefici all’intera economia.

Appena introdotto, il salario minimo era di 8 € circa. Dal gennaio 2022 è salito a 9,82 € ma il nuovo cancelliere lo ha aumentato a ben 12 €.

Quando è stato introdotto i sindacati tedeschi non erano d’accordo poiché temevano che la contrattazione collettiva venisse penalizzata ma col tempo hanno compreso come il salario minimo fosse solo la base da cui partire per la contrattazione. 

È stato dimostrato come tutto il sistema economico tedesco abbia beneficiato dell’introduzione del salario minimo:

è diminuito il divario tra redditi bassi e alti e quasi un milione di persone lavora con il salario minimo, oltre 807mila sono donne. Dove c’è il salario minimo l’occupazione aumenta e da quando c’è questa legge in Germania, l’indice di disoccupazione si è ridotto dal 7,1 al 6,1% e il PIL è cresciuto del 20%.

Quindi la nostra idea e la nostra battaglia per introdurre anche in Italia il salario minimo non rappresenta solo un capriccio del Movimento 5 Stelle, un argomento “acchiappa voti”. La nostra non è mai stata una politica di false promesse né di bugie e stando al Governo con tutte le forze che hanno aderito alla maggioranza lo abbiamo dimostrato: abbiamo anteposto la nostra volontà di introdurre il maggior numero di misure che apportassero benefici agli italiani agli interessi elettorali e continueremo su questa linea finché ne avremo la possibilità.

L’Italia deve adeguarsi agli altri Paesi dell’UE e introdurre ora il salario minimo. Noi non ci arrendiamo.