fbpx

Massimo sforzo per superare i campi rom

 

In Italia sono 18.760 i rom e i sinti in emergenza abitativa: oltre 12 mila persone abitano in 113 insediamenti formali presenti in 73 Comuni e 13 Regioni italiane a cui vanno aggiunti 2 centri di raccolta rom, 6 aree residenziali monoetniche (dove vivono oltre mille persone) e i 5.500 rom stimati negli insediamenti informali sparsi lungo lo stivale. Tuttavia qualcosa sta cambiando e dal 2018 ad oggi sono 26 gli insediamenti rom e sinti chiusi o superati mentre sono 21 quelli che risultano in superamento. A dare un quadro aggiornato e completo sul tema è l’Associazione 21 luglio che ha presentato il report digitale “Il Paese dei campi” in un evento promosso dalla Commissione per la promozione dei Diritti Umani del Senato.

All’iniziativa, tenutasi nella sala Caduti di Nassirva a Palazzo Madama, sono intervenuti il senatore Giorgio Fede; Triantafillos Loukarelis, direttore dell’Unar; l’assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Barbara Funari e Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma.

Nonostante il tema sia stato per lunghi periodi sotto i riflettori, in Italia mancano ancora dati certi e aggiornati relativi agli insediamenti monoetnici presenti sul territorio nazionale. Tale deficit è riconosciuto come il principale limite laddove, per implementare politiche sociali, risulta fondamentale cogliere in maniera puntuale le problematiche che interessano gli abitanti dei “campi”.

Se per diverse ragioni oggi risulta impossibile stabilire quanti siano i rom e i sinti in Italia, secondo l’Associazione 21 luglio, . Il lavoro presentato infatti, vuole colmare questo vuoto informativo e presentare un quadro aggiornato della situazione degli insediamenti formali e informali presenti in Italia.

Attraverso il sito www.ilpaesedeicampi.it è possibile cogliere, in tempo reale, informazioni aggiornate sui 121 insediamenti formali, all’aperto e al chiuso, abitati da comunità identificate come rom e sinte.  In Italia sono presenti 45 “campi rom” formali abitati da 7.128 persone. L’insediamento più grande si trova a Roma, in via Candoni, dove sono accolte 795 persone. La massima concentrazione si rileva nell’area metropolitana di Napoli, con 8 insediamenti e 1.336 persone.

Nei Comuni di Pisa, Gioia Tauro e Cosenza si registrano invece le presenze di quartieri di “case popolari” realizzati appositamente per un’accoglienza di 930 rom. A Brescia e a Napoli gli unici due “centri di raccolta rom”, dove risultano presenti 218 persone”. Sono 66, invece, i campi sinti presenti sul territorio nazionale. Sono abitati da 4.814 persone con il più grande che insiste nel Comune di Pavia, con 265 persone. I Comuni di Villafalletto, in provincia di Cuneo, di Padova e di Carmagnola, in provincia di Torino sono caratterizzati dalla presenza di aree residenziali monoetniche.

Dobbiamo lavorare con il massimo sforzo per il superamento dei campi rom. Un lavoro che deve essere portato avanti a tutti i livelli, da quello nazionale a quello locale. La politica deve farsi carico di questa situazione mettendo in campo misure concrete per far sì che ci sia una vera inclusione sociale di tutte le comunità Rom e Sinti presenti sui territori. Scuola e lavoro sono sicuramente due strumenti fondamentali dal quale partire ma bisogna mettere al centro anche l’emergenza abitativa di queste comunità.

Come commissione per i diritti umani facciamo nostre le istanze scaturite dall’incontro di oggi e ci impegniamo affinché ci sia un cambio di passo sia sul piano culturale che legislativo, un cambio di paradigma che tenga conto del valore di queste comunità.

L’Italia deve e può diventare un modello di integrazione.

Giornata della Memoria: scegliamo il bene, la vita, la speranza.

“Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di coloro i quali compiono azioni malvagie, ma per quelli che osservano senza fare nulla”. È per questo che oggi celebriamo il Giorno della Memoria: perché la storia ci ricordi quanto orrore, quanto dolore, ha provocato il fanatismo affinché non si ripeta. Eppure la storia non è sufficiente. Basta guardarsi intorno per osservare quanto, ancora oggi, il fanatismo provochi sofferenza, laddove vi sono popoli stretti nella morsa delle dittature. I nazisti non iniziarono da un giorno all’altro a costruire forni crematori e campi di concentramento, queste pratiche aberranti furono “solo” la punta dell’iceberg di un “mostro” ancor più pericoloso: l’odio. Odio ingiustificato, latente, che si è insidiato negli animi ed è sfociato poi nell’Olocausto. La Giornata della Memoria quindi, non ha solo lo scopo di ricordare 15 milioni di innocenti spogliati di ogni forma di dignità, deportati, uccisi barbaramente da popoli che si sentivano superiori. Oggi e ogni giorno dell’anno, dobbiamo ricordare che l’odio è ancora fra noi, silente e subdolo: verso gli immigrati, gli stranieri, quelli che abbiamo la presunzione di definire diversi. Diversi da cosa, poi? Da chi? Qual è il metro di paragone?

“Siamo stati costretti a ricordarci di essere ebrei incarcerati in casa, privi di diritti, con migliaia di doveri. Noi ebrei non possiamo far valere i nostri sentimenti, dobbiamo essere coraggiosi e forti, prenderci tutte le grane senza lamentarci, dobbiamo fare quello che possiamo e avere fiducia in Dio. Prima o poi questa terribile guerra finirà e torneremo essere uomini e non soltanto ebrei!”

Le parole di Anna Franck sono un monito che, oggi e sempre, deve ricordarci che solo un punto di vista miope si sofferma sulle diversità senza considerare la cosa più importante: ovvero che apparteniamo tutti alla specie umana. Talvolta ciò che le cronache ci raccontano non è rassicurante, basti pensare agli atti di bullismo, alle discriminazioni verso gli Lgtbq, all’odio che viene riversato su chi fugge dalla guerra e dalla sofferenza cercando un rifugio nel nostro Paese e alle vite umane perse in mare. Basti pensare al pregiudizio e alla facilità con la quale siamo pronti a puntare il dito contro qualcuno. Iniziamo a vivere la Giornata della Memoria ogni giorno dell’anno, ricordandoci di scegliere il bene, la vita, la speranza. Sempre.

“Ecco che cosa è difficile in quest’epoca: gli ideali, i sogni e le belle aspettative non fanno neppure in tempo a nascere che già vengono colpiti e completamente devastati dalla realtà più crudele. È molto strano che io non abbia abbandonato tutti i miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo stretti, nonostante tutto, perché credo tuttora all’intima bontà dell’uomo. Mi è proprio impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria e della confusione. Vedo che il mondo lentamente si trasforma in un deserto, sento sempre più forte il rombo che si avvicina, che ucciderà anche noi, sono partecipe del dolore di milioni di persone eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi al bene, che anche questa durezza spietata finirà, e che nel mondo torneranno tranquillità e pace”. (Anna Franck)