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Archivia Luglio 2022

Le modifiche proposte al Reddito di Cittadinanza

Come promesso, torno a parlarvi degli “assurdi” 9 punti che il presidente Conte aveva presentato al premier Draghi chiedendo risposte urgenti. 

Uno di questi riguardava il Reddito di Cittadinanza, tanto criticato dalle forze politiche che si dicono patriottiche, e da Renzi che ormai, poverino, non ne azzecca più una. 

Anche le forze di maggioranza, quelle che oggi ci addossano (o ci provano) la colpa della caduta del governo Draghi non hanno fatto altro che rivolgere attacchi pretestuosi e strumentali a questo minimale sistema di protezione sociale che peraltro è presentato in larghissima parte d’Europa, scagliandosi vergognosamente contro le fasce più vulnerabili della popolazione. 

Avevamo noi per primi suggerito e approvato, ancora di recente, significative modifiche per contrastare eventuali abusi e per incentivare i cosidetti “occupabili” ad accettare le offerte di lavoro. Ci siamo detti disponibili a valutare soluzioni utili a migliorare il sistema delle politiche attive, che però riguarda solo una percentuale modesta dei percettori di reddito, gli “occupabili”. Da questo punto di vista, la riforma del Reddito di cittadinanza è stata salutare, perché ha messo in evidenza le carenze e il bisogno di una radicale trasformazione delle politiche attive. 

La nostra proposta era di procedere alla creazione di una piattaforma nazionale di domanda e offerta di lavoro, che raccogliesse tutti i dati dei beneficiari di prestazioni (non solo percettori del Rdc, ma anche di Naspi, Discol, Ds agricola etc…) e veicolasse queste informazioni alle imprese, anche mediante notifiche riguardanti il profilo, il settore, il luogo, in modo da incontrare la relativa domanda da parte delle aziende.

Questa piattaforma avrebbe dovuto servire anche ad anticipare alle aziende le varie agevolazioni, in termini di esonero contributivo, di cui avrebbero goduto assumendo i percettori di reddito.

Perché questa modifica? Ruolo centrale nel RdC come lo avevamo pensato inizialmente, era delle Regioni che gestiscono i centri per l’impiego. C’erano ingenti risorse a disposizione per l’assunzione di lavoratori nei centri per l’impiego, eppure molte Regioni hanno boicottato, letteralmente, la misura non sfruttando le risorse.

Creando una piattaforma nazionale avremmo bypassato il problema ma per Draghi e i suoi scudieri, evidentemente era chiedere troppo. 

Salario Minimo: il 70% dei direttori del personale è favorevole

Anche i direttori del personale si dicono favorevoli al Salario Minimo e ne colgono le diverse opportunità. L’AIDP lo ha fatto sapere tramite le maggiori agenzie stampa: “il 70% dei direttori è favorevole all’introduzione alla misura”. 

Quello del Salario Minimo è divenuto un tema di stretta attualità dopo che il Consiglio e Parlamento Ue hanno tracciato le linee di un accordo che attende di essere approvato definitivamente. Ma è anche un tema al quale noi del Movimento 5 Stelle teniamo particolarmente e di cui parliamo da anni. Tanto che c’è già una proposta di legge depositata in merito. 

Oggi tutti cercano di salire sul carro dei “giusti”, tentando di intestarsi l’dea della misura.

Da un lato, i risultati dell’indagine condotta sui membri dell’AIDP evidenziano una sostanziale e diffusa consapevolezza che l’introduzione di tale misura non inciderà negativamente nel nostro sistema di relazioni sindacali: il 74% dei rispondenti, infatti, ritiene che non impatterà sull’aumento del costo del lavoro, oltre l’86% che le relazioni sindacali non verranno indebolite o inasprite e il 66% che la misura non allontanerà le imprese dal contratto nazionale (Ccnl). Dall’altro prevale la convinzione che il salario minimo avrà effetti benefici sui una specifica categoria di lavoratori più deboli e meno qualificati: il 61% ritiene, infatti, che il salario minimo ridurrà la disuguaglianza nei livelli salariali aumentando il salario dei lavoratori meno retribuiti, circa il 71% che ne trarranno beneficio soprattutto i lavoratori meno qualificati e protetti. Da evidenziare, inoltre, che un’elevata percentuale di rispondenti (il 70%) ritiene necessario legare il salario minimo al costo della vita su base regionale. 

“Il punto di partenza di ogni dibattito intorno al salario minimo deve tener conto della situazione italiana. Parliamo di una lunga storia di relazioni sindacali e di contrattazione e che molti paesi europei hanno in misura minore, che ha coperto, e copre, gran parte del mercato del lavoro con diritti e doveri, compreso ovviamente il tema salariale, regolati dai contratti collettivi nazionali ampiamente diffusi”, spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp. “La vera questione è capire come garantire anche a quella parte minoritaria del nostro sistema che è fuori dai contratti nazionali un’adeguata tutela salariale. In questo senso l’introduzione di una misura che vada in questa direzione come il salario minimo per legge può avere una sua ragion d’essere. La sua introduzione, tuttavia, deve avvenire in modo equilibrato e virtuoso all’interno di un sistema come il nostro in cui il ruolo e la funzione regolatrice delle parti sociali sono largamente estesi”.

Questo era uno dei nove temi che il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha sottoposto all’ormai ex premier Mario Draghi. Argomenti di cui vi parlerò nei prossimi giorni, per cercare di capire insieme a voi se le nostre richieste, nell’esclusivo interesse dei cittadini, fossero tanto assurde e inopportune da decidere di far cadere un Governo.

DIRITTI UMANI, FEDE (M5S): UN TAVOLO PER COSTRUIRE UN’AUTORITA’ NAZIONALE

Roma, 8 luglio – “L’anno prossimo avremo una imbarazzante ricorrenza: saranno passati infatti 30 anni dall’approvazione della risoluzione 48/134 che impegna tutti i Paesi membri dell’Onu a dare vita ad una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani. E il nostro Paese è ancora inadempiente. È vero che abbiamo una pluralità di soggetti che si occupano della protezione dei diritti fondamentali della persona, ma un’Autorità Nazionale indipendente, oltre a rispondere alla pluridecennale richiesta delle Nazioni Unite, svolgerebbe il necessario ruolo di completamento, coordinamento e monitoraggio delle realtà già esistenti”.

Così il senatore cinquestelle Giorgio Fede, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, intervenendo al convegno dal titolo “Un’Autorità Nazionale per i Diritti Umani in Italia: una prospettiva internazionale”.

“Per costituire l’Autorità prima della fine della legislatura – ha proseguito il senatore cinquestelle – occorre lavorare insieme e di concerto, tenendo conto di tutte le proposte presenti, trovando al contempo una sintesi. Mi impegnerò personalmente per facilitare questo percorso” ha concluso il presidente Fede, lanciando la proposta di “un tavolo che coinvolga tutte le istituzioni che in Italia si occupano di diritti umani, comprendendo anche la società civile”.

 

VIOLENZA DONNE: LE “CINQUE PROPOSTE PER CONTRASTARLA” DI FNOPI

Gli infermieri sono figure fondamentali per riconoscere gli episodi di violenza domestica quando la vittima si rivolge al pronto soccorso. 

La violenza domestica può essere di tipo “orizzontale“, ossia tra uomo e donna, o di tipo “verticale“, cioè da adulti verso minori. E può essere fisica, psicologica, sessuale ed economica. Di solito la vittima è una donna che subisce una violenza da parte del padre o del compagno, ma anche gli uomini – in percentuale più bassa (15%) – sono vittime di tale sopruso.

Un dato allarmante è quello fornito dall’OMS sulla violenza sugli anziani. Uno su sei ha subito forme di violenza lo scorso anno, ma il numero di persone colpite nelle loro comunità aumenterà rapidamente per l’invecchiamento della popolazione, crescendo nel mondo dai 141 attuali a 320 milioni di vittime entro il 2050. 

Sono interessanti le cinque proposte di FNOPI per contrastare la violenza: Messa in rete almeno in ambito regionale di tutti i pronto soccorso per conoscere gli accessi e le cause/diagnosi; Contrasto e identificazione di strumenti anche alle forme di violenza ‘economica’; Implementazione di servizi all’interno del sistema pubblico e di servizi per la presa in carico della persona violenta che ne ha consapevolezza e chiede aiuto; Rafforzamento, soprattutto nelle ore serali/notturne dell’integrazione dei servizi sanitari con i servizi sociali territoriali per l’accoglienza logistica della vittima di violenza; Definizione di corsi di formazione per il personale infermieristico con contenuti specifici in materia di violenza, abilità comunicative e anche di natura giuridico/forense per favorire la gestione appropriata degli episodi di violenza.

Il Movimento 5 Stelle è particolarmente attento al tema della violenza, tanto che proprio grazie al nostro impegno e alla nostra presenza al Governo, nel 2019, è stata approvata la legge Codice Rosso che prevede un inasprimento delle pene per gli autori di violenza e maggiori protezioni per le vittime. Oltre a questo aspetto è però importante avere delle comunità sempre più attente e sensibili al tema, un sistema di prevenzione e operatori sanitari che abbiano gli strumenti per poter intervenire in maniera incisiva per quanto di loro competenza.