Parliamo di sanità

Oggi vorrei affrontare un tema di primaria importanza: quello della sanità. La pandemia ci ha ricordato quanto ancora c’è da fare per avere un sistema sanitario efficiente e quanto siano preziosi i professionisti del settore che, ogni giorno, hanno lavorato e lavorano con abnegazione.
Per riconoscere questo loro impegno, tra pochi giorni si celebrerà la seconda Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato.
Anche in qualità di presidente della commissione Diritti Umani, sono impegnato da due anni affinché si dia la giusta importanza a questi professionisti straordinari. Quest’anno abbiamo conferito il riconoscimento per la categoria delle istituzioni del Premio CIDU proprio al Sistema Sanitario Nazionale. La proposta è stata proprio la mia ma è chiaro che non è sufficiente.
Servono azioni concrete per chi ha fronteggiato con pieno spirito di sacrificio, umanità e solidarietà un periodo straordinario di emergenza. Servono i giusti ristori per i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e i professionisti della sanità che hanno riportato una grave invalidità permanente a causa del Covid e per le famiglie dei sanitari che purtroppo hanno perso la vita dopo aver contratto il Covid.
Al Senato la proposta non è passata ma continueremo ad impegnarci in Parlamento affinché ciò si concretizzi il prima possibile.
È invece di ieri la notizia secondo cui in Italia mancherebbero oltre 60mila infermieri
Rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia presenta in media un gap di -3,93 infermieri ogni mille abitanti. Questo dato è stato fornito da FNOPI, la Federazione nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, alla Winter School 2022 di Pollenzo durante la sessione intitolata “Distinzione tra diagnostica di 1° e 2° livello, home care di alta complessità e offerte integrate – La normativa sui futuri ruoli del personale non medico nel territorio”.
I dati sono allarmanti e ci devono spingere ad un cambiamento organizzativo. Nel 2018 in Italia operavano 5,5 infermieri per mille abitanti contro i 7,8 del Regno Unito, i 10,8 della Francia ed i 13,2 della Germania. Solo la Spagna si attesta a un tasso simile a quello italiano.
Da questi numeri se ne deduce che, per poter mettere in pratica la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, mancano oltre 60mila con una suddivisione su base regionale pari a 27mila al Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.
FNOPI ha anche fatto alcune proposte a breve, medio e lungo termine: la possibilità di aumentare il numero di docenti-infermieri nelle università; la previsione di una valorizzazione economica e organizzativa delle competenze specialistiche degli infermieri introducendo corsi di laurea magistrale ad indirizzo specialistico professionale e sviluppare le competenze digitali per supportare l’innovazione dei modelli di servizio; promuovere una cultura diffusa della ricerca clinica; il superamento del vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico.
Mi associo alle parole di Carmelo Gagliano, componente Comitato Centrale FNOPI: un Paese che voglia definirsi civile valorizza valorizza il proprio personale sanitario mettendolo in condizione di
“poter sempre rispondere ai nuovi fabbisogni di salute, all’evoluzione demografica e sociale, alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, agli shock come quello dell’epidemia di Covid-19”.
L’epidemia ha suonato un campanello d’allarme che non può essere ignorato.