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Archivia 2022

Oltre 100 mld tra evasori totali e parziali e il problema sarebbe il Reddito di Cittadinanza?

Oltre 100 mld tra evasori totali e parziali, 1/4 di falsi invalidi, 11 miliardi di mazzette in appalti pubblici… e il problema sarebbe il Reddito di Cittadinanza?

In Italia, secondo l’ultimo resoconto della Guardia di finanza, si registrano circa 100 miliardi di evasione l’anno, per quasi 6mila evasori totali e oltre 23mila soggetti denunciati per i più vari reati tributari, truffe e sprechi di denaro pubblico, senza dimenticare le frodi al sistema sanitario e nel settore degli appalti (11 miliardi solo su questo). I percettori del Reddito di Cittadinanza che hanno percepito indebitamente il sussidio (per un totale di 3,9 milioni di euro) rappresentano lo 0,7% della platea.

Allora io credo che i rappresentanti marchigiani del Governo Meloni, come il senatore Guido Castelli, che ha subito approfittato del successo della GdF nello scovare 39 furbetti del reddito nell’ascolano per fare la solita demagogia, dovrebbero concentrarsi in altre problematiche, certamente più impellenti per il territorio regionale, come abbiamo fatto noi del M5S nella scorsa legislatura. Penso ad esempio allo sblocco di tante infrastrutture ferme, in alcuni casi da secoli, nei cassetti dei palazzi romani di cui oggi proprio loro possono parlare solo grazie alla nostra opera in Parlamento.

Le denunce dimostrano semplicemente che i controlli stanno funzionando. Come ogni cosa, anche la misura del RdC è perfettibile ma sarebbe stata di certo più efficace se le Regioni, 14 su 20 a trazione destra, avessero speso le risorse messe loro a disposizione dal Governo per potenziare i centri per l’impiego. Far passare l’idea che l’unico problema sia il reddito di cittadinanza, che rappresenta solo lo 0,7% dell’ammontare delle truffe – mentre in una verifica di qualche anno fa, per esempio, i cosiddetti “falsi invalidi” risultarono il 25% -, è ridicolo, oltreché falso e tendenzioso. Secondo la logica di questa propaganda becera dovremmo abolire anche cassa integrazione, 104, appalti pubblici, ecc.

In ultimo vorrei ricordare anche i dati dell’Inps: 2/3 dei percettori non sono occupabili, e il 20% di quelli che sono occupabili lavora già, ma con uno stipendio al di sotto della soglia di povertà, che quindi viene integrato dal RdC fino a raggiungere 780 euro. Inoltre, c’è un’ampia fascia di persone tra i 55 ed i 65 anni, difficilmente ricollocabili, mentre i ragazzi under 35 che non si trovano più con i propri genitori e che percepiscono il sussidio rappresentano l’1,47%.

Purtroppo alle bugie di questa destra noi siamo già abituati. Mi duole pensare che dovranno farlo anche tutte le persone che l’hanno votata. Tuttavia, invece di pensare a misure che hanno salvato milioni di persone dalla povertà, il Governo Meloni dovrebbe concentrarsi su come sostenere le famiglie e le attività vittime del caro bollette e della crisi energetica.

2,4 MILIONI PER IL RECUPERO DELLA PIATTAFORMA ECOLOGICA IN VIA VAL TIBERINA: UN’AZIONE DEL M5S AL GOVERNO E IN REGIONE

Giorgio Fede e il Ministro Costa

Lo scorso anno il Governo, e in particolare il Ministro per l’Ambiente Sergio Costa, è intervenuto per risolvere la situazione nei cosiddetti siti inquinanti “orfani”, stanziando 105 milioni di euro per la loro bonifica, di cui 2,7 milioni destinati alla regione Marche. Fondamentale è stato il raccordo tra il territorio, gli attivisti e i portavoce in consiglio regionale, e chi invece, come me, era a Roma potendo sensibilizzare il ministro competente e assicurandosi di portare a casa le risorse necessarie. 

Quella della Piattaforma Ecologica S.r.l., in Via Val Tiberina, a San Benedetto del Tronto, è una storia che seguiamo da oltre 10 anni. La discarica è divenuta un vero e proprio pericolo per la popolazione e per l’ambiente nel 2009 e solo grazie all’impegno del Movimento 5 Stelle, e soprattutto di Peppino Giorgini, prima come attivista e poi come consigliere regionale, oggi possiamo raccontare di aver fatto un bel passo in avanti.

Giorgini depositò un esposto alla Procura di Ascoli Piceno nel 2014 che, insieme a quello del Comune di San Benedetto, diede origine ad un processo concluso con una condanna in primo grado per i proprietari della discarica, poi confermata dalla Cassazione. Peccato che la ditta non ha mai pagato né, ci risulta, mai lo farà, la pena pecuniaria.

In seguito, da consigliere regionale, Giorgini presentò una mozione, votata all’unanimità, per impegnare Presidente e Giunta Regionale a richiedere ad ARPAM di intervenire nel sito dismesso di Via Val Tiberina con dei carotaggi al fine di verificare la presenza di grafite radioattiva proveniente dalla Carbon di Ascoli Piceno (come denunciato pubblicamente, sulla stampa, dall’incaricato stesso che seppellì le scorie di grafite radioattiva). Un grande risultato per il Movimento 5 Stelle ottenuto in consiglio regionale, visto che l’ARPAM dal 2009 si rifiutava addirittura di effettuare un sopralluogo richiesto dal Comune di San Benedetto e aveva avviato un carteggio infinito senza mai verificare, nemmeno dal perimetro esterno, la contaminazione di reflui o percolati.

Sempre Giorgini, nel 2017, chiese ufficialmente con PEC al Prefetto di avviare un tavolo tecnico specifico con tutti gli enti interessati per la messa in sicurezza della discarica, e infine presentò una denuncia alla Commissione europea che portò al sanzionamento dell’Italia per infrazione.

È stato fatto un lavoro enorme dal Movimento 5 Stelle, sia a livello locale che nazionale. Nel sito di Via Val Tiberina ci sono centinaia, se non migliaia, di tonnellate di rifiuti pericolosi accertati, ma purtroppo la storia potrebbe non essere finita. Infatti la probabile presenza di grafite radioattiva non è mai stata ancora verificata, tenendo conto che proprio sotto quel preciso luogo scorrono le falde acquifere che da Ascoli arrivano a San Benedetto, pertanto occorre rimanere vigili, e fare, subito dopo aver tolto i rifiuti, i carotaggi previsti dalla mozione.

C’è anche la frustrazione connessa al fatto che i colpevoli di tutto questo non hanno mai pagato un centesimo per gli enormi danni creati all’ambiente, ma, concretamente i rischi per i cittadini sono troppo grandi e perciò l’attenzione deve rimanere alta.

Giorgio Fede con Peppino Giorgini

GIUSEPPE CONTE A SAN BENEDETTO DEL TRONTO

Nel pomeriggio del 31 agosto, è prevista a San Benedetto del Tronto la visita del presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte.

Per l’ex Presidente del Consiglio sarà l’occasione per incontrare la marineria ed i cittadini.

Il suo arrivo presso la banchina riva del Molo Malfizia, nell’area antistante la zona portuale, è previsto per le ore 16:30 e incontrerà i rappresentanti della marineria locale, le realtà locali e i cittadini. Con lui ci saranno l’ex Ministro per l’Ambiente, Sergio Costa, la Sottosegretaria per l’Ambiente (MITE), Ilaria Fontana e i candidati marchigiani del Movimento 5 Stelle.  

Siamo felici e orgogliosi del suo passaggio in questa splendida regione, a dimostrazione di quanto sia alta la sua attenzione per il nostro territorio e le sue problematiche oltre che per le iniziative virtuose. Infatti, i marittimi locali, già da 3 anni sono impegnati nel riportare a terra non solo il pesce dell’Adriatico ma anche tonnellate di rifiuti che soffocano il nostro mare. L’approvazione della Legge Salvamare (del 17 maggio 2022) fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle sostanzia e rafforza questa pratica virtuosa che è stata molto apprezzata anche da Papa Francesco. Il Presidente Conte non terrà un comizio dall’alto di un palco ma dimostrerà anche in questo caso la nostra diversità, prediligendo il contatto diretto e il dialogo con le persone. 

La ripartenza del leader pentastellato è prevista intorno alle 18.

L’incontro con la marineria ed i cittadini si terrà nel luogo più rappresentativo della importante realtà ittica delle Marche, nella zona tra il Mercato Ittico sede della storica sala d’Asta e la banchina di Riva del Molo Malfizia dove sono ormeggiati i pescherecci che da secoli solcano l’Adriatico.

Ferrovia Salaria, lo studio di fattibilità finanziato grazie a noi

Quando siamo arrivati al governo, la ferrovia dei Due Mari era ferma da secoli e non c’era nulla di concreto. Le cose sono cambiate dal 2018. In commissione Lavori Pubblici, io e il presidente Mauro Coltorti, abbiamo chiesto e ottenuto uno studio di fattibilità. Questo è il punto essenziale di partenza per qualsiasi opera. Con tale passaggio sarà possibile valutare come completare l’opera, soprattutto per le tratte mancanti che sono Rieti – Passo Corese e Ascoli – Antrodoco. È stato solo grazie all’azione parlamentare del M5S se c’è stato questo passo in avanti: ritengo necessario precisarlo perché, ahimé, troppo spesso si travisano funzioni e competenze.

Infatti RFI risponde solo al Governo e al Parlamento attraverso Anas. Noi del M5S abbiamo ottenuto il finanziamento di 40 milioni di euro che ricadrà sui territori, dopo di che potrà esserci l’azione conseguente degli enti territoriali. Ad esempio, i comuni dovranno decidere come inserire il tracciato nei piani regolatori e come facilitare l’avanzamento dell’opera affinché non si blocchi a causa di vicende locali. Da inizio legislatura seguo questa vicenda riuscendo, con il collega Gabriele Lorenzoni e con il costante appoggio del Presidente Coltorti, a rilanciare concretamente un progetto che era in stallo da oltre un secolo e che offrirebbe un futuro ai territori colpiti dal terremoto che, senza adeguate infrastrutture, non potranno considerarsi completamente ricostruite.

PNRR, al via il “Piano Scuola 4.0”

PNRR, al via il “Piano Scuola 4.0”: 2,1 miliardi per 100.000 classi innovative e laboratori per le professioni digitali del futuro.

Quello in atto è il più grande programma di innovazione didattica. E lo dobbiamo al lavoro svolto dall’allora premier Conte per portare in Italia il PNRR. Siamo partiti da scuole gestite ‘dai migliori’, in cui in molti casi a causa del taglio delle risorse all’istruzione si chiedeva ai genitori di portare da casa carta igienica, gessi e carta per fotocopie. Oggi, grazie, al nostro lavoro in Europa e in Parlamento, finalmente, la scuola ritorna al centro degli investimenti per il futuro dei nostri figli.

Nelle Marche arriveranno ben 44.311.434,8 euro. Si tratta di uno stanziamento che, a livello nazionale, si attesta sui  2,1 miliardi di euro. L’obiettivo è  trasformare 100mila classi tradizionali in ambienti innovativi di apprendimento e creare laboratori per le professioni digitali del futuro negli istituti scolastici del secondo ciclo. Spazi di apprendimento flessibili e tecnologici per favorire la collaborazione e l’inclusione. Lo possiamo fare grazie al PNRR ed è l’intervento più grande di questo tipo mai realizzato. L’intervento mette al centro le studentesse e gli studenti, utilizzando la tecnologia come risorsa per l’innovazione e alleata dell’apprendimento. Fra risorse PNRR e altri fondi europei sono già stati investiti, per il digitale, circa 4,9 miliardi ma d’altronde solo così potremo garantire una scuola al passo con i tempi. Il minimo comune denominatore saranno arredi facilmente posizionabili, attrezzature digitali versatili, la rete wireless o cablata. Ma a scegliere come saranno disposti o articolati saranno le scuole.

Il piano è suddiviso in 2 azioniNext generation classrooms, per 100.000 classi innovative: ciascuna scuola del primo e del secondo ciclo potrà trasformare almeno la metà delle classi attuali, progettando nuovi ambienti e una nuova didattica; Next generation labs: questa azione si rivolge alle scuole secondarie di secondo grado per realizzare laboratori in grado di sviluppare competenze digitali.

Di seguito la ripartizione delle risorse per provincia: 

Riparto risorse Azione Next Generation Classroom

Ancona: 10.007.539,81 euro

Ascoli Piceno e Fermo: 7.714.037,58 euro

Macerata: 6.681.986,76 euro

Pesaro e Urbino: 7.584.434,04 euro

TOT Marche: 31.987.998,19 euro

Riparto risorse Azione Next Generation Labs

Ancona: 3.586.064,58 euro

Ascoli Piceno e Fermo: 2.884.642,41 euro

Macerata: 3.173.331,21 euro

Pesaro e Urbino: 2.679.398,52 euro

TOT Marche: 12.323.436.72 euro

Il Movimento 5 Stelle crede fermamente nel ruolo dell’istruzione e della formazione delle future generazioni. Dopo anni di disastri e di tagli dei governi che si sono avvicendati negli ultimi 20 anni, in questi quattro anni abbiamo decisamente invertito la rotta investendo come non era mai stato fatto nella scuola. È una grande soddisfazione e un grande motivo di orgoglio.

Di seguito il link con l’elenco delle scuole interessate: https://www.miur.gov.it/-/pnrr-al-via-il-piano-scuola-4-0-2-1-miliardi-per-100-000-classi-innovative-e-laboratori-per-le-professioni-digitali-del-futuro-bianchi-in-atto-il-piu-

Le modifiche proposte al Reddito di Cittadinanza

Come promesso, torno a parlarvi degli “assurdi” 9 punti che il presidente Conte aveva presentato al premier Draghi chiedendo risposte urgenti. 

Uno di questi riguardava il Reddito di Cittadinanza, tanto criticato dalle forze politiche che si dicono patriottiche, e da Renzi che ormai, poverino, non ne azzecca più una. 

Anche le forze di maggioranza, quelle che oggi ci addossano (o ci provano) la colpa della caduta del governo Draghi non hanno fatto altro che rivolgere attacchi pretestuosi e strumentali a questo minimale sistema di protezione sociale che peraltro è presentato in larghissima parte d’Europa, scagliandosi vergognosamente contro le fasce più vulnerabili della popolazione. 

Avevamo noi per primi suggerito e approvato, ancora di recente, significative modifiche per contrastare eventuali abusi e per incentivare i cosidetti “occupabili” ad accettare le offerte di lavoro. Ci siamo detti disponibili a valutare soluzioni utili a migliorare il sistema delle politiche attive, che però riguarda solo una percentuale modesta dei percettori di reddito, gli “occupabili”. Da questo punto di vista, la riforma del Reddito di cittadinanza è stata salutare, perché ha messo in evidenza le carenze e il bisogno di una radicale trasformazione delle politiche attive. 

La nostra proposta era di procedere alla creazione di una piattaforma nazionale di domanda e offerta di lavoro, che raccogliesse tutti i dati dei beneficiari di prestazioni (non solo percettori del Rdc, ma anche di Naspi, Discol, Ds agricola etc…) e veicolasse queste informazioni alle imprese, anche mediante notifiche riguardanti il profilo, il settore, il luogo, in modo da incontrare la relativa domanda da parte delle aziende.

Questa piattaforma avrebbe dovuto servire anche ad anticipare alle aziende le varie agevolazioni, in termini di esonero contributivo, di cui avrebbero goduto assumendo i percettori di reddito.

Perché questa modifica? Ruolo centrale nel RdC come lo avevamo pensato inizialmente, era delle Regioni che gestiscono i centri per l’impiego. C’erano ingenti risorse a disposizione per l’assunzione di lavoratori nei centri per l’impiego, eppure molte Regioni hanno boicottato, letteralmente, la misura non sfruttando le risorse.

Creando una piattaforma nazionale avremmo bypassato il problema ma per Draghi e i suoi scudieri, evidentemente era chiedere troppo. 

Salario Minimo: il 70% dei direttori del personale è favorevole

Anche i direttori del personale si dicono favorevoli al Salario Minimo e ne colgono le diverse opportunità. L’AIDP lo ha fatto sapere tramite le maggiori agenzie stampa: “il 70% dei direttori è favorevole all’introduzione alla misura”. 

Quello del Salario Minimo è divenuto un tema di stretta attualità dopo che il Consiglio e Parlamento Ue hanno tracciato le linee di un accordo che attende di essere approvato definitivamente. Ma è anche un tema al quale noi del Movimento 5 Stelle teniamo particolarmente e di cui parliamo da anni. Tanto che c’è già una proposta di legge depositata in merito. 

Oggi tutti cercano di salire sul carro dei “giusti”, tentando di intestarsi l’dea della misura.

Da un lato, i risultati dell’indagine condotta sui membri dell’AIDP evidenziano una sostanziale e diffusa consapevolezza che l’introduzione di tale misura non inciderà negativamente nel nostro sistema di relazioni sindacali: il 74% dei rispondenti, infatti, ritiene che non impatterà sull’aumento del costo del lavoro, oltre l’86% che le relazioni sindacali non verranno indebolite o inasprite e il 66% che la misura non allontanerà le imprese dal contratto nazionale (Ccnl). Dall’altro prevale la convinzione che il salario minimo avrà effetti benefici sui una specifica categoria di lavoratori più deboli e meno qualificati: il 61% ritiene, infatti, che il salario minimo ridurrà la disuguaglianza nei livelli salariali aumentando il salario dei lavoratori meno retribuiti, circa il 71% che ne trarranno beneficio soprattutto i lavoratori meno qualificati e protetti. Da evidenziare, inoltre, che un’elevata percentuale di rispondenti (il 70%) ritiene necessario legare il salario minimo al costo della vita su base regionale. 

“Il punto di partenza di ogni dibattito intorno al salario minimo deve tener conto della situazione italiana. Parliamo di una lunga storia di relazioni sindacali e di contrattazione e che molti paesi europei hanno in misura minore, che ha coperto, e copre, gran parte del mercato del lavoro con diritti e doveri, compreso ovviamente il tema salariale, regolati dai contratti collettivi nazionali ampiamente diffusi”, spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp. “La vera questione è capire come garantire anche a quella parte minoritaria del nostro sistema che è fuori dai contratti nazionali un’adeguata tutela salariale. In questo senso l’introduzione di una misura che vada in questa direzione come il salario minimo per legge può avere una sua ragion d’essere. La sua introduzione, tuttavia, deve avvenire in modo equilibrato e virtuoso all’interno di un sistema come il nostro in cui il ruolo e la funzione regolatrice delle parti sociali sono largamente estesi”.

Questo era uno dei nove temi che il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha sottoposto all’ormai ex premier Mario Draghi. Argomenti di cui vi parlerò nei prossimi giorni, per cercare di capire insieme a voi se le nostre richieste, nell’esclusivo interesse dei cittadini, fossero tanto assurde e inopportune da decidere di far cadere un Governo.

DIRITTI UMANI, FEDE (M5S): UN TAVOLO PER COSTRUIRE UN’AUTORITA’ NAZIONALE

Roma, 8 luglio – “L’anno prossimo avremo una imbarazzante ricorrenza: saranno passati infatti 30 anni dall’approvazione della risoluzione 48/134 che impegna tutti i Paesi membri dell’Onu a dare vita ad una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani. E il nostro Paese è ancora inadempiente. È vero che abbiamo una pluralità di soggetti che si occupano della protezione dei diritti fondamentali della persona, ma un’Autorità Nazionale indipendente, oltre a rispondere alla pluridecennale richiesta delle Nazioni Unite, svolgerebbe il necessario ruolo di completamento, coordinamento e monitoraggio delle realtà già esistenti”.

Così il senatore cinquestelle Giorgio Fede, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, intervenendo al convegno dal titolo “Un’Autorità Nazionale per i Diritti Umani in Italia: una prospettiva internazionale”.

“Per costituire l’Autorità prima della fine della legislatura – ha proseguito il senatore cinquestelle – occorre lavorare insieme e di concerto, tenendo conto di tutte le proposte presenti, trovando al contempo una sintesi. Mi impegnerò personalmente per facilitare questo percorso” ha concluso il presidente Fede, lanciando la proposta di “un tavolo che coinvolga tutte le istituzioni che in Italia si occupano di diritti umani, comprendendo anche la società civile”.

 

VIOLENZA DONNE: LE “CINQUE PROPOSTE PER CONTRASTARLA” DI FNOPI

Gli infermieri sono figure fondamentali per riconoscere gli episodi di violenza domestica quando la vittima si rivolge al pronto soccorso. 

La violenza domestica può essere di tipo “orizzontale“, ossia tra uomo e donna, o di tipo “verticale“, cioè da adulti verso minori. E può essere fisica, psicologica, sessuale ed economica. Di solito la vittima è una donna che subisce una violenza da parte del padre o del compagno, ma anche gli uomini – in percentuale più bassa (15%) – sono vittime di tale sopruso.

Un dato allarmante è quello fornito dall’OMS sulla violenza sugli anziani. Uno su sei ha subito forme di violenza lo scorso anno, ma il numero di persone colpite nelle loro comunità aumenterà rapidamente per l’invecchiamento della popolazione, crescendo nel mondo dai 141 attuali a 320 milioni di vittime entro il 2050. 

Sono interessanti le cinque proposte di FNOPI per contrastare la violenza: Messa in rete almeno in ambito regionale di tutti i pronto soccorso per conoscere gli accessi e le cause/diagnosi; Contrasto e identificazione di strumenti anche alle forme di violenza ‘economica’; Implementazione di servizi all’interno del sistema pubblico e di servizi per la presa in carico della persona violenta che ne ha consapevolezza e chiede aiuto; Rafforzamento, soprattutto nelle ore serali/notturne dell’integrazione dei servizi sanitari con i servizi sociali territoriali per l’accoglienza logistica della vittima di violenza; Definizione di corsi di formazione per il personale infermieristico con contenuti specifici in materia di violenza, abilità comunicative e anche di natura giuridico/forense per favorire la gestione appropriata degli episodi di violenza.

Il Movimento 5 Stelle è particolarmente attento al tema della violenza, tanto che proprio grazie al nostro impegno e alla nostra presenza al Governo, nel 2019, è stata approvata la legge Codice Rosso che prevede un inasprimento delle pene per gli autori di violenza e maggiori protezioni per le vittime. Oltre a questo aspetto è però importante avere delle comunità sempre più attente e sensibili al tema, un sistema di prevenzione e operatori sanitari che abbiano gli strumenti per poter intervenire in maniera incisiva per quanto di loro competenza. 

26 giugno, Giornata internazionale per le vittime di tortura

“Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura, a trattamenti o a punizioni crudeli, inumani o degradanti”: la tortura è un crimine sancito dal diritto internazionale, presente nella Dichiarazione Universale dei Diritti umani. Eppure, ancora troppi paesi nel mondo la praticano.

Per questo 26 giugno, Giornata Internazionale per le Vittime della Tortura, voglio proporvi una riflessione su una pratica aberrante, ancora troppo praticata nonostante sia assolutamente vietata dal diritto internazionale in tutto il mondo.

Guerre fra Stati e lotte intestine “giustificano” ancora la tortura e altre forme di trattamento crudele, degradante e disumano.

Le Nazioni Unite hanno condannato la tortura come uno degli atti più vili perpetrati dagli esseri umani sui loro simili. Questa giornata è stata istituita il 12 dicembre 1997, tramite la Risoluzione 52/149 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha proclamato il 26 giugno Giornata internazionale delle Nazioni unite a sostegno delle vittime della tortura.

Un momento per riflettere e per invitare Stati, società civile e singoli individui ad una ferma condanna di tali pratiche e al sostegno convinto delle vittime di tortura e di coloro che sono ancora torturati oggi.

Qual è la situazione in Italia?

L’Italia ha ratificato la Convenzione contro la Tortura nel 1989, con l’impegno a inserire all’interno del  codice penale una norma che individui e punisca il reato di tortura. Reato inserito però solo nel luglio 2017 e punibile dai 4 ai 10 anni.

E nel mondo?

Secondo Amnesty International, in Siria esistono

oltre 30 metodi di tortura: haflet al-istiqbal (“festa di benvenuto”: duri pestaggi, spesso con spranghe di silicone o di metallo e cavi elettrici); dulab (“pneumatico”: il corpo del detenuto viene contorto fino a farlo entrare in uno pneumatico da camion, poi via ai pestaggi); falaqa (“bastonatura”: il classico pestaggio sulle piante dei piedi); shabeh (“impiccato”: il detenuto viene tenuto appeso per i polsi per parecchie ore, coi piedi nel vuoto, e picchiato ripetutamente); bisat al-rih (“tappeto volante”: la vittima è legata a una struttura pieghevole, la cui parte inferiore viene pressata su quella superiore)”.

La tortura è utilizzata anche in Messico, in particolare contro le donne.

“Nello scantinato di una stazione di polizia delle Filippine – racconta Amnesty International –  nel 2014, è stata trovata una “ruota della tortura”, un’imitazione tragicamente fedele della nota “ruota della fortuna”. A seconda di dove si fermasse la ruota, il detenuto poteva essere sottoposto a “30 secondi in posizione pipistrello” (ossia tenuto appeso a testa in giù per mezzo minuto) o a “20 secondi di Manny Pacquiao” (ossia a pugni in faccia, in onore del più famoso pugile filippino) o ad altri metodi di tortura efferati.

Ma accanto alla tortura prevalentemente fisica, si sta affermando una forma di tortura più sofisticata, che non lascia ferite o segni visibili sul corpo ma che devasta la mente, fino a farla impazzire e a rendere non credibile la vittima della tortura. Perché uno degli obiettivi di fondo del sistema della tortura è di non far raccontare alla vittima ciò che le è accaduto. Ecco alcuni dei numerosi metodi praticati nel centro di detenzione statunitense di Guantánamo Bay: esporre un prigioniero a luci accecanti, a musica assordante o a temperature gelide o torride, tenerlo incappucciato per mesi, isolarlo dal punto di vista acustico, costringerlo a rimanere seduto in posizioni scomode per giorni e giorni, negargli il cibo, non farlo dormire, minacciare di morte i suoi familiari, obbligarlo a rimanere nudo di fronte a estranei o ad assistere a spogliarelli di donne”.

La tortura oggi sembra essere il prodotto di studi, di un sistema certosino che ha l’obiettivo di colpire i punti deboli delle vittime. E in fondo quale differenza c’è la tortura fisica e la paura di dover subire la tortura stessa, l’incertezza e la costante angoscia? Entrambe provocano danni, annichiliscono, distruggono identità.

Ma torniamo a noi. La tortura è praticata anche in Iraq, in Egitto (ricordiamo la morte di Giulio Regeni), Uzbekistan,

“Sono passati 34 anni – dice Amnesty International – da quando, il 10 dicembre 1984, l’Assemblea generale ha adottato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Quel testo è rimasto purtroppo un pezzo di carta. Il numero dei paesi che l’hanno ratificato, impegnandosi a prevenire e punire la tortura, è solo di poco superiore a quello dei paesi in cui è praticata”.